Matteo
La tradizione unanime della Chiesa antica attribuisce il primo vangelo a Matteo, chiamato anche Levi, l’apostolo che Gesù chiamò al suo seguito distogliendolo dalla professione di pubblicano, cioè di esattore delle imposte (9,9ss.). La stessa tradizione afferma che Matteo scrisse originariamente in aramaico, la lingua comune in Palestina ai tempi di Gesù. 2 L’attuale testo è una edizione greca sostanzialmente identica all’originale e conosciuta già nel I sec., per la quale sembra essere stato utilizzato il vangelo di Marco. La parte preminente del vangelo è costituita da cinque grandi discorsi di Gesù (cc. 5-7; 9,35-11,1; c. 13 e cc. 24-25, preceduti da una invettiva contro i farisei, c. 23). Il racconto si apre con uno scorcio sull’infanzia di Gesù (cc. 1-2), seguito dai fatti essenziali che prelusero al suo ministero pubblico (3,1-4,11) e concluso dalla storia del mistero pasquale di Cristo (cc. 26-28).
Il vangelo, che già gli antichi dissero rivolto soprattutto ai Giudei, è dominato dalla tesi che Gesù è il Messia predetto dall’A.T. e ingiustamente respinto da Israele. Una attenzione particolare è dedicata alla Chiesa fondata da Cristo su Pietro, la cui professione di fede (16,13-19) è come la cerniera del vangelo: Esso, che è la sintesi della testimonianza apostolica in Palestina, fu il preferito dall’antichità cristiana perché permetteva una solida e sufficiente iniziazione al mistero di Cristo.
Il testo originale aramaico fu pubblicato forse tra gli anni 40 e 50.
Note al testo