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CEI 2008 - Antico Testamento - Libri Sapienziali - Giobbe - 3

Giobbe

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Nova Vulgata

CEI 2008 3 Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno.
3,1 DIALOGO TRA GIOBBE E I SUOI TRE AMICI: ELIFAZ, BILDAD E SOFAR (3,1-31,40)
PRIMO DISCORSO DI GIOBBE (3,1-26)
Nova Vulgata Iob3,1Post haec aperuit Iob os suum et maledixit diei suo
CEI 2008 3,2Prese a dire:
Nova Vulgata Iob3,2et locutus est:
CEI 2008 "Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: "È stato concepito un maschio!".
3,3  Il lamento di Giobbe
Nova Vulgata
Iob3,3«Pereat dies, in qua natus sum,

et nox, in qua dictum est: “Conceptus est homo”.
CEI 2008 3,4Quel giorno divenga tenebra,
non se ne curi Dio dall'alto,
né brilli mai su di esso la luce.
Nova Vulgata
Iob3,4Dies ille vertatur in tenebras;

non requirat eum Deus desuper,

et non illustretur lumine.
CEI 2008 3,5Lo rivendichino la tenebra e l'ombra della morte,
gli si stenda sopra una nube
e lo renda spaventoso l'oscurarsi del giorno!
Nova Vulgata
Iob3,5Obscurent eum tenebrae et umbra mortis;

occupet eum caligo,

et involvatur amaritudine.
CEI 2008 3,6Quella notte se la prenda il buio,
non si aggiunga ai giorni dell'anno,
non entri nel conto dei mesi.
Nova Vulgata
Iob3,6Noctem illam tenebrosus turbo possideat;

non computetur in diebus anni

nec numeretur in mensibus.
CEI 2008 3,7Ecco, quella notte sia sterile,
e non entri giubilo in essa.
Nova Vulgata
Iob3,7Sit nox illa solitaria nec laude digna;
CEI 2008 La maledicano quelli che imprecano il giorno,
che sono pronti a evocare Leviatàn.
3,8 Il Leviatàn (“tortuoso”) è un mostro dell’antica mitologia orientale, rappresentato come un coccodrillo (vedi 26,1340,25).
Nova Vulgata
Iob3,8maledicant ei, qui maledicunt diei,

qui parati sunt suscitare Leviathan.
CEI 2008 3,9Si oscurino le stelle della sua alba,
aspetti la luce e non venga
né veda le palpebre dell'aurora,
Nova Vulgata
Iob3,9Obtenebrentur stellae crepusculi eius;

exspectet lucem, et non sit,

nec videat palpebras aurorae,
CEI 2008 3,10poiché non mi chiuse il varco del grembo materno,
e non nascose l'affanno agli occhi miei!
Nova Vulgata
Iob3,10quia non conclusit ostia ventris, qui portavit me,

nec abstulit mala ab oculis meis.
CEI 2008 3,11Perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
Nova Vulgata
Iob3,11Quare non in vulva mortuus sum?

Egressus ex utero non statim perii?
CEI 2008 3,12Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e due mammelle mi allattarono?
Nova Vulgata
Iob3,12Quare exceptus genibus?

Cur lactatus uberibus?
CEI 2008 3,13Così, ora giacerei e avrei pace,
dormirei e troverei riposo
Nova Vulgata
Iob3,13Nunc enim dormiens silerem

et somno meo requiescerem
CEI 2008 3,14con i re e i governanti della terra,
che ricostruiscono per sé le rovine,
Nova Vulgata
Iob3,14cum regibus et consulibus terrae,

qui aedificant sibi solitudines,
CEI 2008 3,15e con i prìncipi, che posseggono oro
e riempiono le case d'argento.
Nova Vulgata
Iob3,15aut cum principibus, qui possident aurum

et replent domos suas argento.
CEI 2008 3,16Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bambini che non hanno visto la luce.
Nova Vulgata
Iob3,16Aut sicut abortivum absconditum non subsisterem,

vel qui concepti non viderunt lucem.
CEI 2008 Là i malvagi cessano di agitarsi,
e chi è sfinito trova riposo.
3,17 Là i malvagi cessano di agitarsi: nel pensiero di Giobbe, come in quasi tutto l’AT, l’esistenza che attende l’uomo dopo la morte non è vita; è un’esistenza di ombre, dove buoni e cattivi stanno assieme, senza affetti né speranze (vedi 1Sam 28,19), Dio non è invocato e non interviene (vedi Sal 88,11-13). L’ambito in cui Dio manifesta la sua giustizia è ristretto, dunque, alla vita presente.
Nova Vulgata
Iob3,17Ibi impii cessaverunt a tumultu,

et ibi requieverunt fessi robore.
CEI 2008 3,18Anche i prigionieri hanno pace,
non odono più la voce dell'aguzzino.
Nova Vulgata
Iob3,18Et quondam vincti pariter sine molestia

non audierunt vocem exactoris.
CEI 2008 3,19Il piccolo e il grande là sono uguali,
e lo schiavo è libero dai suoi padroni.
Nova Vulgata
Iob3,19Parvus et magnus ibi sunt,

et servus liber a domino suo.
CEI 2008 Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha amarezza nel cuore,
3,20-26 L’enigma dell’esistenza
Nova Vulgata
IobQuare misero data est lux,

et vita his, qui in amaritudine animae sunt?
20 Data est – Lege iuttan, retenta Vg cum verss antiquis; TM «dabit, dat»
CEI 2008 3,21a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
Nova Vulgata
Iob3,21Qui exspectant mortem, et non venit,

et effodiunt quaerentes illam magis quam thesauros;
CEI 2008 3,22che godono fino a esultare
e gioiscono quando trovano una tomba,
Nova Vulgata
Iob3,22gaudentque vehementer
et laetantur sepulcro.
CEI 2008 3,23a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio ha sbarrato da ogni parte?
Nova Vulgata
Iob3,23Viro, cuius abscondita est via,

et circumdedit eum Deus tenebris.
CEI 2008 3,24Perché al posto del pane viene la mia sofferenza
e si riversa come acqua il mio grido,
Nova Vulgata
Iob3,24Antequam comedam, suspiro,

et quasi inundantes aquae sic rugitus meus.
CEI 2008 3,25perché ciò che temevo mi è sopraggiunto,
quello che mi spaventava è venuto su di me.
Nova Vulgata
Iob3,25Quia timor, quem timebam, evenit mihi,

et, quod verebar, accidit.
CEI 2008 3,26Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo ed è venuto il tormento!".


Nova Vulgata
Iob3,26Non dissimulavi, non silui, non quievi,

et venit super me indignatio».