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Sapienza

I contenuti
Il libro della
Sapienza costituisce una riflessione sull'agire di Dio e dell'uomo, tutta ispirata alla tradizione biblica e tesa a rinsaldare la fede e la speranza di quei numerosi Ebrei che si erano stabiliti in Alessandria d'Egitto, dove già nel II sec. a.C. viveva e operava una fiorente comunità ebraica. Questo libro ripropone come modello di vita e di comportamento le due figure caratteristiche degli scritti sapienziali: il giusto (o sapiente), quale immagine del credente israelita, fedele alle tradizioni dei padri, e l'empio (o stolto), immagine dei pagani e di chi è dedito all'idolatria (cc. 13-15). Il contatto con il mondo ellenistico, con il quale l'autore entra in dialogo e a volte anche in polemica, ha contribuito, da una parte, a esplicitare con più forza la dottrina dell'immortalità, dall'altra a presentare la sapienza biblica come dono divino, che conduce alla salvezza chi lo sa accogliere (come ha fatto Israele), mentre manifesta le colpe di chi lo rifiuta (come hanno fatto gli Egiziani e i pagani in generale). Nel libro della Sapienza si distinguono facilmente tre grandi sezioni:
La sapienza e il destino dell'uomo (1,1-5,23)
La ricerca della sapienza (6,1-9,18)
La sapienza nella storia d'Israele (10,1-19,22).

Le caratteristiche
La prima parte del libro (cc. 1-5) si incentra sulle figure del giusto e dell'empio, che apparentemente conducono la stessa esistenza. Ma, mentre il giusto segue le indicazioni della sapienza, l'empio persegue un suo progetto, che mira al successo e alla ricchezza. La morte e il giudizio di Dio sveleranno il destino di entrambi, spesso nascosto dalle vicende umane: il giusto è destinato alla felicità, l'empio al castigo. La seconda parte (cc. 6-9) comprende una profonda riflessione sulla sapienza, che da un lato si ispira alla cultura greca ormai dominante (come testimoniano gli attributi con cui la sapienza è descritta in 7,22-23), dall'altro è già un anticipo della presentazione che ne farà il NT. La sapienza non è più soltanto un attributo divino, ma compare qui come una persona vicinissima a Dio, in stretto rapporto con lui e con la sua azione. La terza parte (cc. 10-19) è una rilettura della storia biblica, rilettura che la tradizione ebraica chiama con il termine
midrash, e più in particolare degli eventi che hanno caratterizzato l'uscita degli Israeliti dall'Egitto. Il popolo d'Israele è presentato come il modello di chi accoglie la sapienza e da essa si lascia guidare, fino a raggiungere la salvezza; gli Egiziani invece rappresentano quanti a essa si chiudono e vanno incontro alla rovina e alla morte. Gli stessi elementi del creato che per gli uni sono strumento di salvezza, per gli altri diventano strumento di sconfitta e di morte.

L'origine
Scritto in lingua greca, questo libro ha come titolo:
Sapienza di Salomone (Sophìa Salomònos) e appartiene al gruppo dei libri "deuterocanonici", quelli cioè che non si trovano tra i libri sacri attualmente in uso nelle sinagoghe ebraiche. Il luogo di composizione è Alessandria d'Egitto e i destinatari sono i membri della diaspora giudaica che, a contatto con l'ambiente ellenistico, rischiano di cedere all'idolatria e di subire la persecuzione da parte dei pagani. L'attribuzione a Salomone, peraltro mai nominato nel testo, è fittizia. L'autore è un giudeo del I sec. a.C. e scrive probabilmente tra il 50 e il 20.