Interconfessionale - Antico Testamento - Deuterocanonici - 2 Maccabei - 15
Secondo libro dei Maccabei 15
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NT greco
Nicànore fa un piano per attaccare gli Ebrei a tradimento
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Intanto Nicànore venne a sapere che Giuda e i suoi uomini si trovavano nella regione della Samaria. Decise di attaccarli di sabato, il giorno di riposo degli Ebrei, per non correre il minimo rischio.
Rimandi
15,1
attaccare in giorno di sabato 1 Mac 2,35+.
Note al Testo
15,1
Nicànore ignora che gli Ebrei hanno preso la decisione di difendersi anche in giorno di sabato (vedi 1 Maccabei 2,41).
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Ma quel gran maledetto domandò:
— In cielo c’è davvero questo sovrano che ha ordinato di celebrare il sabato?
— In cielo c’è davvero questo sovrano che ha ordinato di celebrare il sabato?
Giuda incoraggia i suoi uomini
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Dopo averli entusiasmati, comunicò i suoi ordini e insegnò a disprezzare i pagani, perché non mantengono i loro giuramenti.
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Così Giuda armò ogni suo soldato non tanto con la sicurezza che danno gli scudi e le lance, quanto piuttosto con l’incoraggiamento che viene dalle parole nobili. Poi li rincuorò con il racconto del sogno che aveva fatto, una visione degna di fede.
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La visione era questa: gli era apparso Onia, che nel passato era stato sommo sacerdote, un uomo dabbene, di aspetto modesto e di tratto mite, distinto nel modo di parlare e addestrato fin dalla fanciullezza nella pratica della virtù. Egli, con le mani alzate verso il cielo, pregava per tutta la comunità degli Ebrei.
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Onia aveva preso la parola e aveva detto a Giuda: «È Geremia, il profeta di Dio! Egli ama i suoi fratelli Israeliti e prega molto per il nostro popolo e la città santa».
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Incoraggiati dal discorso di Giuda, veramente nobile e capace di infondere forza e vigore ai giovani, gli Ebrei decisero di non restare nell’accampamento, ma di passare con coraggio all’offensiva. Volevano combattere a corpo a corpo, con tutte le forze, fino a decidere le sorti. Era in pericolo la città, la religione e il tempio.
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Mentre tutti erano in attesa dello scontro imminente, i nemici si erano riuniti e ormai si schieravano in ordine di battaglia. Gli elefanti furono sistemati in posizione strategica e la cavalleria disposta ai lati.
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Giuda Maccabeo, quando si vide davanti le truppe nemiche, quel grande spiegamento d’armi e l’aspetto feroce degli elefanti, stese le mani al cielo e invocò il Signore che compie prodigi. Era sicuro che la vittoria non dipende tanto dalla forza degli eserciti, quanto piuttosto dalla decisione del Signore, che fa vincere quelli che ne sono degni.
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Giuda fece questa preghiera: «Signore, al tempo di Ezechia, re della Giudea, tu hai mandato il tuo angelo che uccise nell’accampamento di Sennàcherib centottantacinquemila soldati.
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Con le mani combattevano e nei loro cuore pregavano Dio. Abbatterono almeno trentacinquemila nemici e si rallegrarono molto perché Dio aveva di nuovo manifestato la sua potenza.
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Allora ci fu una grande agitazione e si misero a gridare. Poi tutti, nella lingua dei loro padri, ringraziarono l’Onnipotente.
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Giunto in città, Giuda convocò i suoi connazionali, fece disporre i sacerdoti davanti all’altare e radunare anche i soldati della Cittadella.
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Mostrò loro la testa dell’empio Nicànore e la mano che quel maledetto aveva steso tante volte contro il tempio dell’Onnipotente.
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Poi comandò di tagliare a pezzi la lingua dell’empio Nicànore per darla in pasto agli uccelli. Fece appendere il suo braccio davanti al tempio, perché tutti vedessero quale era stato il guadagno della sua pazzia.
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Poi Giuda fece appendere la testa di Nicànore in cima alla Cittadella. Voleva farla vedere a tutti, come segno chiaro ed eloquente che Dio li aveva aiutati.
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E infine, riuniti in assemblea, decisero con voto unanime, di non dimenticare quella data, ma di celebrarla in futuro come giorno di festa. Era il 13 del dodicesimo mese, che è detto in aramaico mese di Adar, la vigilia cioè del giorno di Mardocheo.
Conclusione del libro